Emicrania cronica, un problema per 4 milioni di donne in Italia

L’emicrania è la seconda patologia più disabilitante che colpisce l’intero genere umano e interessa maggiormente l’universo femminile. Si calcola, infatti, che in Italia colpisca, almeno una volta nella vita, circa una donna su tre. Sempre nel nostro Paese, l’emicrania cronica interessa invece 6 milioni di persone e, di queste 4 milioni sono donne.

Diversi studi scientifici evidenziano come esistano diverse differenze di genere:

• le donne in tre mesi perdono meno giorni lavorativi (6,8) rispetto agli uomini (9,4);
• le donne utilizzano più medicine complementari o alternative (46%) rispetto agli uomini (40%);
• le donne presentano costi diretti sanitari maggiori (€ 1184) rispetto agli uomini (€ 773).

Come mai l’emicrania interessa maggiormente le donne?
Lo abbiamo chiesto alla dott.ssa Lidia Savi (già Direttrice del Centro Cefalee della AOU Città della Salute e della Scienza di Torino): “Il motivo è da ricercare nelle variazioni ormonali legate al ciclo riproduttivo della donna – afferma l’esperta – spesso ci capita di dover assistere pazienti che soffrono di emicrania mestruale o “catameniale” e cioè di forti mal di testa in occasione delle mestruazioni. A complicare la situazione può esserci anche l’utilizzo di contraccettivi orali o della terapia sostitutiva ormonale durante la menopausa. Per quanto riguarda, invece, la gravidanza a volte ha un effetto protettivo soprattutto per la forma di emicrania senza aura. Altre volte invece è precipitante e proprio in questa fase delicata della vita femminile possono scatenarsi gravi attacchi. Tutto ciò può portare a difficili complicanze e disagi nella vita di tutti i giorni”.

Aurastop, un nutraceutico a base di estratti di due piante erbacee (il Partenio e la Griffonia) con l’aggiunta di magnesio (un minerale che contribuisce al normale funzionamento del sistema nervoso) si è rivelato efficace nel trattare in acuto i sintomi dell’aura. Aurastop è in grado di ridurre la durata dell’aura di più del 50% nel 93% dei pazienti, mentre è in grado di ridurre la disabilità addirittura a un terzo nella medesima percentuale di pazienti.